Abbiamo analizzato negli articoli precedenti alcuni processi e reazioni chimico-fisiche che avvengono all’interno del fermentatore, dal momento dell’inoculo dei lieviti, a quello del travaso o dell’imbottigliamento, accennando spesso che detti mutamenti sono sostanzialmente legati alla temperatura con la quale si manifestano.
Andiamo ora ad osservare quando e perché agire sulla temperatura di fermentazione.
Inoculo dei lieviti per birre a bassa fermentazione.
Per quello che riguarda la temperatura di inoculo per le basse fermentazioni ci sono diverse teorie tutte valide e tutte discordanti tra loro. C’è chi dice che il mosto al momento dell’inoculo debba essere già a temperatura di fermentazione ovvero 8°-10°C; chi, invece, afferma che in questo modo il lievito potrebbe subire un eccessivo shock termico e preferisce inoculare a 15°C abbassando poi rapidamente la temperatura del fermentatore; infine, c’è chi, dopo l’inoculo a 15°C, inizia la graduale discesa ad 8°-10°C, abbassando di 1°C al giorno. Secondo la mia esperienza, bisognerebbe inoculare a temperatura di fermentazione (tra gli 8°C e i 10°C) con un lievito reidratato e alla stessa temperatura. Tuttavia, sappiamo bene che portare il mosto a quella temperatura partendo da 100°C, non è assolutamente una cosa facile da fare con la strumentazione di casa.
Come dicevo, le teorie sono tutte valide, ma dipende molto anche dal ceppo che si vuole utilizzare; meglio prendere qualche informazione supplementare prima di procedere all’acquisto di questo o di quel lievito, consultando le schede informative dei produttori e facendo qualche domanda sui forum e nei gruppi dedicati all’Homebrewing.
Il mio consiglio, utilizzando lieviti secchi, è quello di cercare di abbassare il più possibile la temperatura del mosto e del lievito reidratato, ed inoculare subito. Successivamente, dovremo abbassare gradualmente la temperatura (1 o 2 gradi al giorno) fino a raggiungere quella di fermentazione. Utilizzando, invece, un lievito liquido, potremo inocularlo direttamente nel mosto già in temperatura, avendo prodotto uno Starter (Preparazione di uno Starter (parte 1)) qualche giorno prima ed essendo rimasto in frigorifero a decantare almeno 24 ore. In questo caso, la temperatura del mosto già travasato e ben sigillato nel fermentatore, dovrà essere abbattuta fino a 10° tramite la camera di fermentazione. Questa operazione dovrà essere sincronizzata con la preparazione dello Starter, in modo che, al momento dell'inoculo, sia il mosto in camera di fermentazione, che i lieviti in frigorifero, abbiano raggiunto entrambi la temperatura di fermentazione (10° C, grado più, grado meno).
Ad ogni modo una cosa è certa; non bisogna lesinare sulla quantità di lievito da inoculare, qualsiasi tecnica di inoculo a bassa fermentazione si deciderà di utilizzare. Per non rischiare che la fermentazione si “pianti” prima del previsto, è buona regola inoculare almeno il doppio della quantità di lievito che generalmente si utilizzerebbe con le alte fermentazioni. A temperature così basse, i tempi di fermentazione si allungano di parecchio ed è necessario che, durante le prime fasi fermentative, il lievito sia in buona salute e porti a termine la fase di espansione senza intoppi. È quindi necessario, che il “Pitch Rate” sia adeguato alla situazione che i lieviti dovranno affrontare, anche in considerazione del fatto che i ceppi di lievito specifici per le basse fermentazioni, durante le fasi di lag ed espansione, non producono esteri in quantità significative da preoccuparci e, comunque, avranno molto tempo per riassorbirli.
Se utilizziamo quello secco, in base alla sua data di produzione, la quantità non dovrebbe essere inferiore a 2 g/L di mosto con densità fino a 1,050; per mosti con densità superiore, aggiungiamo 1 g/L in più, ogni 10 punti densità in eccesso.
Mediamente, nelle basse fermentazioni, le fasi di lag ed espansione, una volta raggiunta la temperatura di crociera (tra gli 8°C ed i 10°C), non superano i primi 10/15 giorni. Tuttavia, in previsione delle successive fasi di fermentazione, prima che termini completamente quella tumultuosa, è meglio procedere alla fase successiva senza attendere troppo a lungo; dato che i ceppi per basse fermentazioni riescono a lavorare anche a temperature vicine allo zero, lasciare qualche zucchero nel mosto si rivela una ottima strategia per evitare che, terminato il nutrimento, inizino il processo di autolisi.
Diacetyl Rest (bassa fermentazione).
Quando la fermentazione tumultuosa è quasi terminata, passiamo alla fase di assorbimento del diacetile. Un buon espediente, per capire quando è il momento migliore per procedere a questa fase, è quello di tenere sotto controllo la densità; una volta ridotta di 2/3, è il momento di procedere, ed iniziare la rampa di salita. Aumentiamo di 1°C al giorno fino a portare la temperatura del fermentatore tra 14°C e 16°C e, raggiunta questa soglia, effettuiamo una sosta di tre o quattro giorni. Questa fase ha come obbiettivo quello di dare una “spintarella” ai lieviti che, ad una temperatura maggiore, consumeranno gli ultimi zuccheri e cominceranno a riassorbire il diacetile prodotto durante la fermentazione tumultuosa. In realtà, se non alzassimo la temperatura i lieviti riassorbirebbero comunque il diacetile ma, in previsione di un ulteriore abbassamento di temperatura fino a 4°C, il processo impiegherebbe mesi e mesi prima di concludersi. Con questo piccolo stratagemma risparmieremo almeno 1 mese sulla tabella di marcia e, data la natura di questi particolari lieviti, senza ripercussioni rilevanti dal punto di vista organolettico della birra.
Questa fase è particolarmente importante nelle basse fermentazioni poiché, questi ceppi, producono una maggiore quantità di diacetile rispetto ai ceppi ad alta fermentazione. Ciononostante, la pausa diacetile può essere applicata anche per le alte fermentazioni. Mentre nelle alte fermentazioni, le temperature permettono ai lieviti di portare a termine questo compito in tempi brevi, senza la necessità di incrementarle eccessivamente, a bassa fermentazione il processo andrebbe avanti per mesi. Per questo motivo quando si parla di Diacetyl Rest, lo si associa spesso alle basse fermentazioni e non a quelle alte.
Travaso e Lagerizzazione.
Terminata la sosta per il riassorbimento del diacetile, possiamo procedere con la Lagerizzazione, facendo una piccola sosta ai box per il cambio gomme, nello specifico, per il travaso in un fermentatore pulito. La maggior parte dei lieviti presenti nel fermentatore sono ancora attivi ma, arrivati a questo punto, abbiamo l’esigenza di ripulire il mosto dagli scarti di fermentazione e dai lieviti già sedimentati. Sebbene non indispensabile, procedere al trasferimento del mosto in un fermentatore fresco e pulito diventa una scelta appropriata. Preleviamo un campione per testare la densità. Qualora questa avesse raggiunto (o quasi) la i 3/4 della FG riportata in ricetta, possiamo travasare e procedere allo step successivo, altrimenti, fermiamoci per qualche giorno ancora a questa temperatura. Una volta raggiunto l’obbiettivo procediamo al travaso ed abbassiamo la temperatura del fermentatore di 2°C al giorno fino a raggiungere 4°C che manterremo per 30/60 giorni in base allo stile che stiamo brassando. In questo lasso di tempo i lieviti termineranno la fase stazionaria della fermentazione e l’assorbimento del diacetile ancora presente. In questo ultimo step tutto ciò che inquina la birra, inclusi i lieviti flocculati, andrà a sedimentare sul fondo del fermentatore lasciando la birra limpida e organoletticamente pulita.
La birra è pronta; prendiamone un campione per testarne la densità e procediamo al suo imbottigliamento.