Riconoscere i difetti è essenziale per capire cosa è andato storto. E, se proprio non siamo riusciti a prevenirli, in alcuni casi possiamo provare a porvi rimedio.
Nella maggior parte dei casi i problemi più seri derivano da una infezione che, purtroppo, una volta contratta, non rimane più molto da fare. Spesso queste infezioni si manifestano ancor prima che la fermentazione termini, e sono facilmente riconoscibili a livello visivo, olfattivo e gustativo. La contrazione di queste infezioni è solitamente dovuta ad una scarsa sanitizzazione della strumentazione, specialmente se eseguita con prodotti non idonei a debellare lieviti e batteri. Anche prolungate esposizioni del mosto all’aria possono essere la causa scatenante. È essenziale ridurre al minimo il contatto del mosto freddo con l’ambiente ed evitare, assolutamente, di aprire il fermentatore finché la fermentazione non è terminata. Durante la fermentazione, la CO2 prodotta dai lieviti, satura il fermentatore, espellendo quel poco di aria presente al suo interno al momento in cui inoculiamo il lievito. Questo “cappello” di CO2 protegge il mosto, impedendo che batteri e lieviti aerobi possano facilmente insediarsi e proliferare ma, aprendo il fermentatore, questa barriera svanisce rapidamente, esponendo il mosto all’ossidazione e alle contaminazioni batteriche. Anche eventuali travasi incrementano la possibilità di contrarre infezioni e devono essere effettuati soltanto qualora non fosse possibile operare diversamente.
I microrganismi responsabili delle infezioni del mosto sono comunemente presenti nell’aria in qualsiasi ambiente. Attaccano il mosto metabolizzando gli zuccheri (anche quelli complessi), trasformano l'alcol etilico in acido acetico e, in alcuni casi, rilasciando diacetile. La maggior parte delle infezioni contratte si manifestano rapidamente; già dopo un paio di giorni, dall’inizio della fermentazione primaria, si possono vedere gli effetti di una contaminazione da batteri sulla superficie del mosto. Tuttavia, alcune di queste infezioni non sempre si manifestano in tempi brevi; in alcuni casi possono comparire dopo diversi giorni dall’imbottigliamento, e sono una delle cause dell’effetto “gushing” nelle birre imbottigliate.
La “fioretta”, conosciuta più comunemente come “candida”, è una delle infezioni più frequentemente riscontrabili in ambito casalingo brassicolo, ed è causata dall'azione di alcuni batteri aerobi, denominati così perché bisognosi di ossigeno per le loro attività. È facilmente individuabile in quanto, si manifesta come una leggera patina di colore biancastro a formare piccoli o grandi fiori sulla superficie del mosto in fermentazione. Sul piano aromatico e gustativo, la birra infettata dai batteri della fioretta assume sentori sempre più intensi che vanno dalla mela verde, all’aceto, al solvente.
Anche i batteri acetici, come quelli responsabili della fioretta, consumano alcol e ossigeno per produrre acido acetico. Questi batteri, quando presenti nel mosto sono da considerarsi un’infezione, eccetto in alcuni stili a fermentazione spontanea, dove vengono appositamente inoculati per dare asprezza alla birra. Questa infezione viene trasmessa, nella maggior parte dei casi, attraverso piccoli insetti che, attratti dal profumo dolciastro emanato dal mosto, si poggiano sulle pareti interne del fermentatore o sulla strumentazione sporca di mosto, rilasciando i batteri. Quando si contrae questa infezione, l’alcol prodotto in fermentazione viene drasticamente ridotto e la birra risulterà imbevibile, a causa del forte sapore di aceto. Tuttavia, questa infezione si può evitare con una sanitizzazione ottimale della strumentazione, tenendo le temperature di fermentazione sotto i 20°C ed evitando di esporre all’aria mosto e attrezzatura.
I lieviti Brettanomyces, che abbiamo già avuto modo di analizzare nell'articolo dedicato ai lieviti (Tipologie di lievito e Tipologie di fermentazione), sono un ceppo denominato “selvaggio”, in quanto si adattano a qualsiasi ambiente ed alle più svariate condizioni. I lieviti Brett (abbreviazione di Brettanomyces) vengono inoculati intenzionalmente nella produzione di birre Sour e Lambic, perché producono aromi e sapori particolarmente forti, tipici di alcuni degli stili presenti in questa categoria. Tuttavia, gli stessi aromi presenti in birre di categorie differenti sono da considerare un’infezione e quindi, sempre un difetto. Essendo in grado di metabolizzare anche trisaccaridi e destrine (normalmente indigesti ai tradizionali ceppi di lievito per birrificazione), i lieviti selvaggi sono una delle principali cause dell’effetto gushing nelle birre imbottigliate.
I pediococchi sono batteri simili a quelli lattici e la loro presenza, se non espressamente voluta, è una infezione tra le peggiori. Sono per lo più presenti sulla buccia della frutta, dove trovano un ambiente perfetto per proliferare. L’infezione da pediococchi si contrae attraverso l’esposizione del mosto all’aria o a contatto con superfici contaminate. Questi batteri metabolizzano gli zuccheri rilasciando acido lattico, sostanze acetiche e diacetile. L’infezione da pediococchi è riconoscibile da una patina viscosa che si forma sul mosto ma, essendo l’acido lattico quasi inodore, la sua presenza si percepisce solamente attraverso la degustazione della birra. Al contrario dei batteri lattici, sono immuni dall’azione batteriostatica delle sostanze rilasciate dal luppolo.
I batteri lattici sono solitamente inoculati di proposito per produrre alcune delle birre acide e, raramente, sopravvivono alle sostanze antisettiche rilasciate dal luppolo. Tra tutte le infezioni quella con batteri lattici, è la più improbabile ed anche la meno pericolosa perché, anche qualora questi batteri dovessero proliferare, lascerebbero nel mosto un sapore leggermente acidulo, ma per certi versi anche piacevole. Tuttavia, alte concentrazioni di queste sostanze procurano alla birra il classico aroma di burro e grasso rancido.
Non tutte le infezioni, tuttavia, danno palese sfoggio di essere attive nel mosto. Ci sono alcune infezioni che non mostrano alcun sintomo, seppure i batteri che le causano siano vivi e vegeti. Ce ne accorgiamo perché l’attenuazione reale ottenuta a fine fermentazione supera abbondantemente quella apparente, stimata dal produttore del lievito. Ciò significa che assieme ai lieviti abbiamo, inaspettatamente, inoculato anche qualche altro batterio, che ha incrementato il consumo di zuccheri. Quando ci accorgiamo di questo fenomeno, dovremo armarci di detersivi, sanitizzanti e tanta, tanta pazienza e olio di gomito.
Tuttavia, esistono lieviti detti "diastatici", che portano a corredo alcuni enzimi in grado di convertire anche destrine e polisaccaridi solitamente indigesti aalla maggior parte dei lieviti comuni. Questa loro peculiarità, la si riscontra in alcune fermentazioni dove il tasso di attenuazione supera di gran lunga quello previsto. In merito a questo tipo di ceppo, ne discuteremo più approfonditamente in un altro articolo.