La bollitura consiste, fondamentalmente, nel portare il mosto al punto di ebollizione mantenendo la temperatura per un periodo che può variare da 30 minuti fino anche a 3 ore o più, in base allo stile e/o ricetta che si intende brassare.
Nella maggior parte dei casi i tempi di bollitura non superano i 90 minuti, durante i quali procederemo con le varie gettate di luppolo e spezie.
Ma qual è lo scopo della bollitura e cosa succede durante questa fase? Andiamo ad analizzare i fattori che condizionano la bollitura del mosto, per capire i motivi della sua importanza.
Sterilizzazione del mosto.
L’errore comune è pensare che la bollitura ha come unico scopo quello di sterilizzare il mosto, al fine di non incorrere in problemi di infezione durante la fermentazione. Diciamo che in parte questo è anche vero, ma non del tutto e comunque non è lo scopo principale. Bollire il mosto per un’ora a 100°C non porta alla sua totale sterilizzazione; ci sono spore e patogeni che sopravvivono a queste temperature. Fortunatamente la maggior parte di questi, con la bollitura, vengono neutralizzati e, anche qualora qualche spora sopravvivesse, non avrebbe di che nutrirsi dopo che i lieviti saranno entrati in azione. Inoltre, l’acidità del mosto inoculato e l’alcol prodotto durante la fermentazione inibiranno l’azione di qualsiasi altro patogeno ancora in vita.
Intensificazione del colore.
Durante la bollitura si osserverà l’intensificazione del colore del mosto, dovuta ad una reazione esotermica nella parte bassa della pentola a contatto diretto con la fonte di calore, che interagisce principalmente con gli zuccheri disciolti, producendo i classici aromi di caramello e portando il mosto a scurirsi. Tuttavia, la caramellizzazione degli zuccheri non è l’unica reazione che avviene nel mosto durante la sua bollitura.
Reazione di Maillard.
Per reazione di Maillard si intende una serie complessa di eventi che avviene, durante la bollitura, a seguito dell'interazione tra acqua, zuccheri e aminoacidi. Le reazioni danno luogo alle melanoidine, composti derivanti dalla reazione tra zuccheri, aminoacidi e acqua a determinate temperature per un determinato lasso di tempo. Queste, assumono colorazioni e aromi distintivi; in base alle temperature ed ai tempi di bollitura, le melanoidine prendono colori che vanno dall’ambrato fino al brunito ed esalano odori che passano dal caratteristico profumo di crosta di pane appena sfornato, al biscotto, al caramello, al caffè fino, addirittura, al pane bruciato.
La reazione deve il suo nome a Louis Camille Maillard (1878-1936), il chimico francese che la studiò per la prima volta. Approfondimenti sulla reazione di Maillard.
Solfuro Dimetile (DMS).
Il dimetil-solfuro (DMS) è un composto il cui aroma ricorda la verdura cotta, in particolare il cavolo, o il tipico odore di salsedine che si percepisce in riva al mare. Questo composto viene prodotto quando la S-metilmetionina (SMM), sostanza presente nei cereali che hanno subito il processo di maltazione, viene portata a temperature superiori a 60°C. Con l’aumento della temperatura del mosto durante la rampa per raggiungere l’ebollizione, la produzione di DMS cresce esponenzialmente. Fortunatamente, l’aumento di temperatura del mosto genera anche vapore acqueo, ed essendo il DMS un composto altamente volatile, viene espulso dalla pentola di boiling, tramite l’evaporazione.
Per consentire l’evaporazione del DMS, durante tutto il periodo di bollitura, la pentola non deve, per nessun motivo, essere coperta. Qualora tenessimo la pentola coperta, non si disperderebbe il vapore ed il DMS si condenserebbe ritornando nel mosto. Terminata la fase di bollitura è di fondamentale importanza portare velocemente il mosto sotto i 60°C per contenere la produzione di DMS in quanto, con la riduzione dell’evaporazione dovuta al calo di temperatura, non potrà più essere veicolato fuori dal mosto.
Evaporazione dell’acqua e densità.
La bollitura comporta l’evaporazione di acqua e sostanze volatili, come il Solfuro Dimetile, mentre gli zuccheri, in tutte le loro forme presenti nel mosto, non essendo altrettanto volatili restano disciolti. Riducendo quindi il volume dell’acqua, ma non quello degli zuccheri, otteniamo un aumento della densità in rapporto ai litri del mosto rimasti nella pentola a fine bollitura. Sebbene concentrare il mosto possa sembrare a prima vista una cosa positiva, diventa un problema se in fase di progettazione della ricetta non abbiamo tenuto conto di questo fattore; ci ritroveremo con una quantità di zuccheri sbilanciata in rapporto alla quantità di luppoli e spezie che andremo ad aggiungere ed ai lieviti che andremo ad inoculare.
Le pentole, a pari condizioni termiche, non posseggono la medesima capacità di evaporare l’acqua. Molto dipende dal loro diametro, dall’altezza, dallo spessore del fondo e dalla qualità del materiale. Un buon espediente quando si sostituisce o si acquista una nuova pentola di boiling, è quello di testarne l’evaporazione oraria. Per fare ciò inseriamo una quantità d’acqua pari a quella del mosto che inseriremmo durante una cotta classica. Accendiamo la fiamma, copriamo la pentola per evitare una prematura evaporazione in fase di riscaldamento e, attorno agli 80°C togliamo il coperchio. Teniamo in ebollizione l’acqua per un’ora. Raffreddiamo rapidamente fino a 20°C e misuriamo la quantità di acqua rimasta; la differenza tra i litri inseriti e quelli residui sarà il valore che ci fornirà la percentuale di evaporazione della nostra pentola. Sebbene questo metodo empirico ci fornirà dati non precisissimi, i valori ottenuti saranno sufficientemente vicini alla realtà, evitandoci sorprese poco gradite a fine cotta.
La luppolatura.
L’argomento “luppolo” è talmente vasto che ho ritenuto necessario creare una categoria apposita per approfondirne gli aspetti (vai alla sezione). È tuttavia indispensabile a questo punto della guida fare alcune considerazioni, atte a chiarire i motivi per cui è essenziale che l’infusione dei luppoli avvenga in fase di bollitura.
La luppolatura del mosto in bollitura può avvenire libera, ovvero gettando il luppolo direttamente nella pentola, oppure inserito preventivamente all’interno di sacchetti in cotone, gli Hop Bags che verranno poi infusi nel mosto.
Per esperienza personale posso affermare che utilizzando luppolo in coni, avvalersi degli Hop Bags risulta una buona soluzione in quanto, grazie all’agitazione del mosto in bollitura, non precludono il rilascio delle sostanze amaricanti e aromatizzanti e permettono una più agevole rimozione dei luppoli esausti ottimizzando la filtrazione del mosto. Se si utilizza luppolo in pellet invece, questo sfalderà al punto da fuoriuscire quasi totalmente dallo Hop Bag e, al termine della bollitura, ci ritroveremo ad estrarre un sacchetto semivuoto.
Luppolo da amaro e da aroma.
Come ben sappiamo, il luppolo, dalla sua introduzione nell’ambito brassicolo attorno al XIV secolo, è sempre stato un ingrediente polivalente essenziale per la produzione della birra. Esso, infatti, contribuisce a fornire la maggior parte delle sostanze amaricanti che compongono la birra, gli α-Acidi, ma anche una grande quantità di quelle necessarie ad aromatizzarla, gli oli essenziali. Per quanto riguarda il luppolo, è importante, quindi, distinguere le varietà amaricanti e quelle destinate a fornire aroma. Esistono centinaia di varietà di luppolo in natura, e molte altre ogni anno vengono realizzate da esperti botanici e genetisti. Le varietà destinate a fornire l’amaro posseggono, nella maggior parte dei casi, una concentrazione di α-acidi non inferiore al 10%. Quelle destinate ad aromatizzare non superano, mediamente mai, il 6%. Esistono, tuttavia, delle genetiche in grado di fornire quantità di α-acidi anche considerevoli, pur essendo particolarmente aromatiche. Ciò permette di utilizzare una sola qualità di luppolo sia per l’amaro, che per l’aroma.
Isomerizzazione degli α-acidi.
Le molecole che compongono gli α-acidi, nella loro forma naturale non sono solubili; per potersi solubilizzare totalmente devono prima subire un processo di isomerizzazione, ovvero la loro polarità molecolare, deve essere modificata. Senza scendere troppo in dettagli tecnici, diciamo che questo processo avviene in modo naturale quando i luppoli vengono immersi nel mosto caldo.
Portata ad una determinata temperatura, l’acqua presente nel mosto avvia il processo di isomerizzazione degli α-acidi rilasciati dal luppolo, solubilizzandone le molecole. Quello di amaricare il mosto, è quindi il motivo principale, per cui il luppolo deve essere introdotto durante le varie fasi della bollitura.
Al fine di tenere sotto controllo le operazioni di luppolatura del mosto, teniamo a mente i seguenti principi:
- Maggiore sarà la temperatura del mosto, più rapidamente avverrà il processo di isomerizzazione degli α-acidi.
- Le molecole iso-α-acidi posseggono una proprietà amaricante nettamente superiore a quelle non isomerizzate (fino a dieci volte maggiore).
- Le molecole non isomerizzate contribuiscono comunque, seppur con un’efficienza minore, ad amaricare la birra.
- Maggiore è la quantità di α-acidi che introdurremo all’inizio della fase di bollitura, maggiore sarà l’amaro presente nella birra finita.
- Più a lungo terremo i luppoli in bollitura, maggiore sarà la quantità di α-acidi rilasciati e isomerizzati.
- pH e densità influiscono sulla solubilizzazione degli α-acidi; un pH troppo basso o una densità troppo alta ostacolano l’isomerizzazione degli α-acidi.
- Gli α-acidi disciolti contribuiscono ad abbassare ulteriormente il pH del mosto.
Le gettate di luppolo.
Come abbiamo visto, il luppolo è l’ingrediente essenziale per amaricare la birra ma, la sua polivalenza, in accordo con le recenti tendenze di mercato, rendono questo ingrediente indispensabile per aromatizzarla. A questo scopo ci vengono in aiuto i luppoli da aroma; infusi in determinati momenti della bollitura, oltre agli α-acidi rilasciano oli essenziali che caratterizzeranno la birra finita arricchendola sul piano olfattivo e gustativo. Tuttavia, se da un lato gli acidi con il processo di isomerizzazione si solubilizzano diventando parte del mosto, gran parte degli oli essenziali, essendo sostanze particolarmente volatili, si disperderanno assieme al vapore emesso in fase di bollitura. Per questo motivo, le gettate di luppolo successive a quella iniziale avvengono in tempi differenti; se il luppolo servisse solamente per amaricare il mosto senza caratterizzarlo a livello aromatico, tanto varrebbe fare una sola gettata ad inizio bollitura e buonanotte al secchio.
La conferma di quanto sopra descritto la possiamo osservare con la tecnica di luppolatura denominata “First Wort Hopping”. Questa tecnica prevede l’aggiunta del luppolo da amaro precedentemente alla rampa di temperatura, quando il mosto è ancora lontano dal punto di ebollizione. In questo modo l’isomerizzazione degli α-acidi avviene in modo graduale e, seppure la birra finita risulterà con un valore IBU superiore rispetto a quanto sarebbe avvenuto se la stessa quantità e qualità di luppolo fosse stata infusa all’inizio della bollitura, l’amaro percepito è nettamente più delicato.
Proprio per evitare che gli oli rilasciati dal luppolo svaniscano con il vapore, le gettate intermedie dovranno essere fatte a bollitura inoltrata seguendo, seppur molto empiriche, le seguenti regole;
- Per incrementare l’elemento olfattivo del luppolo nella birra, le gettate devono avvenire a meno di 20 minuti dal termine della fase di bollitura finanche dopo lo spegnimento della fiamma;
- Per apportare elementi gustativi le gettate devono avvenire ad una distanza attorno ai 30 minuti dal termine della bollitura.
Più le gettate sono prossime e/o successive al termine della bollitura, maggiore è l’apporto aromatico del luppolo, ma minore il suo potere amaricante.
Verifica e correzione della densità.
Giunti a questo punto ci viene data per l’ultima volta l’opportunità di correggere la densità, qualora qualcosa fosse andato storto durante l’ammostamento. A 10 minuti dal termine della fase di bollitura, prima di procedere con le ultime gettate, eseguiamo nuovamente il test della densità.
Qualora il valore ottenuto dalla lettura del densimetro fosse superiore rispetto al valore OG riportato in ricetta, dovremo aggiungere acqua per diluire la densità zuccherina del mosto. Qualora invece fosse inferiore, avremmo due scelte; prolungare la bollitura in modo da fare evaporare l’eccesso di acqua o aggiungere ulteriori fermentabili per aumentare la concentrazione zuccherina del mosto.
Qualsiasi azione decideremo di intraprendere, dovremo eseguire dei calcoli che sono più facili da fare che da spiegare. Per non andare fuori tema ho ritenuto opportuno descrivere queste procedure in un apposito articolo (Correggere la densità) ma nel frattempo vi segnalo questa tool che vi potrà aiutare ad effettuare i calcoli necessari: OG Pre-boil Correction.